Stella: in Giovanni Paolo I la “trasparenza” del Vangelo
Orazio Coclite e Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
Il volto stanco e sofferente di Paolo VI in quei primi mesi del ’78 e poi, il 26 agosto di quell’anno, il sorriso mite e sereno di Giovanni Paolo I. In questa “dissolvenza” sta l’impressione che si fisserà indelebilmente nell’immaginario ecclesiale. Papa Luciani porta sul Soglio di Pietro il carisma dei “piccoli”, la spontaneità assieme alla forza dell’“humilitas” che campeggia sul suo stemma vescovile. E il “Papa del sorriso” diventa in filigrana “il sorriso di Dio”, diventa “la bellezza di un volto che perdona, che ama e soprattutto che usa misericordia”.
Non avrebbe usato il "noi"
Il cardinale Beniamino Stella non può parlare di Giovanni Paolo I con la sola competenza che gli deriva dal suo ruolo di postulatore della causa di canonizzazione. Ha conosciuto l’uomo e il pastore d’anime e lo stile che poi il mondo avrebbe scoperto più tardi. “Io – racconta il prefetto della Congregazione per il Clero in una lunga intervista a Vatican News – l'ho conosciuto personalmente perché fu mio vescovo per una decina d'anni e non mi sarei mai figurato potessi usare il ‘noi’, non era nelle sue caratteristiche, nel suo portamento e non avrei mai pensato che potesse usarlo come Pontefice”. Perché in lui, dice il porporato, brilla il “bambino” del Vangelo, che è “trasparenza” prima ancora che fragilità.
Con il linguaggio di tutti
“Io direi che il vero profilo di Papa Luciani è stato quello del pastore di popolo e del catechista”. Il cardinale Stella ribadisce una convinzione di tanti arricchendola di esempi. “Sapeva presentare le verità di fede con simboli, con riferimenti alla vita quotidiana, e attraverso questa concretezza di linguaggio, attraverso i racconti, attraverso le parabole, ha saputo veramente presentarne la bellezza a chi lo ascoltava a noi tutti che, ricordo, prendevamo incantati dalle labbra del vescovo, del cardinale, poi del Papa”.
"Fammi come tu desideri"
Una concretezza di linguaggio che ha delle analogie con quello del Pontefice attuale. Se “Papa Luciani usava talvolta anche il dialetto per parlare alla sua gente, Papa Francesco ha inventato diversi neologismi, parole nuove che indicano alla gente certe caratteristiche della vita cristiana e della vita di fede”. In entrambi, sostiene, si ritrovano “semplicità, bontà, concretezza”, oltre a una “sobrietà personale” che idealmente li unisce. C’è una preghiera, chiosa il cardinale Stella, che Papa Luciani amava dire a Dio e che vale la pena ricordare: “Prendimi come sono, con i miei difetti, i miei peccati. Ma fammi diventare come tu desideri”.
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