La Madonna Odigitria che tiene in braccio ogni bimbo ucraino
Nella Sala del Tronetto del Palazzo apostolico — dove stamani il Papa ha ricevuto il nuovo ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede — è stata collocata l’icona della Madonna Odigitria (XVII-XVIII secolo) che, per essere sottratta alla distruzione nella persecuzione sovietica, era stata usata come ripiano di un armadio nel ripostiglio di una chiesa nel villaggio ucraino di Popeliv. Recuperata fortuitamente con la ritrovata libertà, venne donata a Giovanni Paolo II a Leopoli nel 2001 ed è custodita nei Musei Vaticani dal 2004. Sfigurata, l’icona di Popeliv — oggi crocevia di profughi — rappresenta più che mai il volto del popolo dal quale è stata dipinta. In particolare, il volto del Bambino è del tutto raschiato: ma, con il linguaggio delle icone, è come se simbolicamente oggi la Madonna di Popeliv tenesse in braccio ogni bimbo ucraino.
Patrimonio di fede
A ritrovare l’icona agli inizi degli anni ’90 fu padre Sebastian Dmytrukh, monaco studita che subito la fece resturare, ma l’intervento non è riuscito a restituirne le parti irrimediabilmente perdute. Si procedette quindi a realizzarne una copia nella quale il Volto del Bambino Gesù è stato dipinto liberamente, rifacendosi ai modelli dell’epoca. I due esemplari, esposti a lungo nella Galleria d’arte di Lviv, sono stati donati a san Giovanni Paolo II durante la Divina Liturgia che celebrò a Lviv nel 2001, al termine del suo viaggio apostolico in Ucraina. Intervistato da «L’Osservatore Romano», in quell’occasione, padre Sebastian dichiarò «non si potrà mai recuperare ciò che è stato distrutto ma abbiamo il dovere di salvare ciò che è scampato allo scempio per far capire alle nuove generazioni qual è il patrimonio di fede che abbiamo ereditato».
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