Il giuramento delle Guardie Svizzere, collaboratori della pace
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Sono 34 (di cui 16 di lingua tedesca, altrettanti di lingua francese e 2 di lingua italiana) le nuove reclute del Corpo della Guardia Svizzera pontificia che hanno prestato giuramento, oggi pomeriggio 6 maggio, nel Cortile di San Damaso in Vaticano, in occasione dell'anniversario del sacco di Roma. Il rito - in cui si proclama di proteggere e difendere il Papa in carica e tutti i suoi legittimi successori, anche a rischio della propria vita, come hanno fatto in passato gli antenati - è avvenuto, come da tradizione, sulla bandiera del Corpo delle Guardie Svizzere Pontificie e alla presenza del rappresentante del Papa, monsignor Edgar Peña Parra, sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.
L'esercito più antico del mondo
Al giuramento solenne è presente una delegazione della Confederazione svizzera, guidata dalla presidente Viola Amherd con il presidente del Consiglio nazionale, Eric Nussbaumer, e dalla presidente del Consiglio degli Stati, Brigitte Eva Herzog. Il capo dell'Esercito è rappresentato dal brigadiere Jacques Frédéric Rüdin, vice capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Partecipa anche il presidente della Conferenza Episcopale Svizzera, monsignor Felix Gmür, vescovo di Basilea. La delegazione del cantone ospitante di quest'anno, Basilea Campagna, è guidata dalla presidente del governo cantonale, Monica Gschwind. Guidato dal colonnello Christoph Graf (LU), l'esercito più antico del mondo (1506) ha il compito di controllare gli accessi al Vaticano e al Palazzo Apostolico, di garantire l'ordine e la rappresentanza durante le cerimonie papali e i ricevimenti di Stato e di proteggere il Collegio cardinalizio durante la sede vacante. Il Corpo comprende guardie provenienti da tutte le regioni linguistiche della Svizzera.
Servizio fedele, leale, onorevole
Sfilano i tamburi con le tre guardie che guidano il corteo delle giovani reclute, loro hanno l'elmo con le piume gialla e nera. Il comandante e il cappellano, padre Kolumban Reichlin OSB, passano in rassegna l'intero picchetto. Dopo i loro discorsi, pronunciati non solo in italiano, ma anche con passaggi in francese e tedesco, l'esecuzione degli inni nazionali. Le reclute, che indossano la "Gran Gala", l'uniforme di gala comprensiva di circa otto chili di armatura, che viene indossata solo in tre altre circostanze nell'anno (per la benedizione papale "Urbi et Orbi", a Natale e Pasqua), sfilano nel Cortile, sotto lo sguardo delle famiglie e di amici. Sono chiamate in appello dal sergente e ognuna procede con il solenne giuramento sulla bandiera. Questa viene afferrata con convinzione con una mano mentre l'altra viene alzata con le tre dita aperte, a simbolo della trinità. Il cappellano legge la formula:
La risposta di ciascun alabardiere è di osservare "fedelmente, lealmente e onorevolmente tutto ciò che in questo momento mi è stato letto. Che Dio e i nostri Santi Patroni mi assistano!".
Comandante: il servizio aiuta ad amare, oggi chi è disposto?
“Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo”: è questo versetto del Vangelo di Matteo che dà lo spunto al comandante per soffermarsi sul valore del servizio. Cita Madre Teresa, fondatrice delle Missionarie della Carità, "che ha continuato a segnalarci ciò che più manca nel nostro mondo: amore, umiltà e pace". Racconta delle numerose che l'ha incontrata, una volta in Vaticano gli diede delle medaglie con un foglietto: “Il frutto del silenzio è la preghiera.Il frutto della preghiera è la fede. Il frutto della fede è l'amore. Il frutto dell'amore è il servizio. Il frutto del servizio è la pace”. Il comandante delle reclute evidenzia che purtroppo nella società attuale, "nel tempo dell’individualismo e della autorealizzazione", il termine servizio ha una connotazione negativa. "Chi, al giorno d’oggi, è ancora disposto a farlo? Vedendo come va il mondo oggi, la volontà di dominare, di decidere, di poter disporre di tutto, sembra essere molto più grande del desiderio di servire, di farsi indietro e di dedicarsi con impegno a un compito". Evidenzia come la ricerca di potere, di approvazione e di considerazione attragga l'uomo fino al punto che "il più forte disprezza il più debole e cerca sempre di renderlo sottomesso". Invece "il servizio lo aiuta a maturare nella capacità personale di amare, e per di più vive l’esperienza di essere amato. Così la Guardia diventa collaboratore della pace".
Cappellano: una vita senza sacrificio è banale, la rinuncia è per la gioia
Da parte sua, il cappellano sottolinea l'unicità del servizio come Guardia Svizzera, fatta di grande responsabilità e sacrificio. "Vivete con coraggio e determinazione questa dedizione, per la quale ora vi state impegnando pubblicamente. Essa conosce anche il dolore della rinuncia - precisa - conosce la paura della perdita, i momenti di tristezza e di crisi. Alla fine, però, è sempre rivolta alla vita, alla gioia, alla felicità e alla realizzazione. Chi si dona riceve sempre più di quanto dà: questa è la meravigliosa logica dell'amore". Infatti, padre Reichlin insiste sul fatto che "ciò che ci fa progredire come individui e come società non è l'aspettativa di ricevere qualcosa dagli altri, ma la volontà di ciascuno di dare qualcosa agli altri. Senza dedizione, la vita umana, la sua fioritura e il suo sviluppo hanno difficoltà". Poi ricorda che non si diventa guardie perché si cerca "una vita rilassata. Una vita senza dedizione, senza sacrifici, senza dolore non va oltre il banale". Il sacrifico dona "gioia e soddisfazione", anche per "la vostra Generazione Z, caratterizzata - afferma - in modo particolare dalla spinta all'indipendenza e all'autodeterminazione, "questa elevata disponibilità al servizio non è scontata e merita rispetto e riconoscimento".
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