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Ospedale Bambino Gesù, la vocazione alla cooperazione sanitaria

Il presidente dell’“Ospedale del Papa” Tiziano Onesti presenta ai media vaticani le iniziative di solidarietà per offrire in 18 Paesi di quattro continenti, soprattutto nelle “periferie” del mondo, servizi sanitari di alta specializzazione e percorsi formativi per il personale medico e infermieristico locale. L’accoglienza di centinaia di bambini da tutto il mondo, di recente anche dall’Ucraina e da Gaza, nelle strutture romane e del Lazio

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“Portare le nostre competenze nei Paesi che ne hanno più bisogno è nel nostro Dna. E non chiudiamo mai la porta a chi chiede assistenza, come oggi i bambini di Gaza”. Così Tiziano Onesti, da un anno e mezzo presidente dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, presenta in questa intervista ai media vaticani le numerose iniziative di solidarietà per offrire alle comunità locali di diciotto Paesi di quattro continenti, soprattutto delle “periferie” del mondo, servizi sanitari di alta specializzazione e percorsi formativi per il personale medico e infermieristico “in loco”. E’ prevista formazione a distanza, “on the job” negli ospedali locali con operatori del Bambino Gesù e periodi di formazione a Roma, Nel corso del 2023 l’ospedale ha portato avanti progetti di cooperazione sanitaria internazionale con 18 Paesi: Giordania, Cambogia, Giappone, Iran, Kenya, Tanzania, Egitto, Albania, Etiopia, Kazakistan, Bolivia, Perù, Panama, Colombia, El Salvador, Paraguay, Repubblica Dominicana, Ecuador.

Onesti: l'impegno per la formazione sanitaria e l'assistenza

Il presidente ricorda che l’”Ospedale del Papa” accoglie ogni anno decine di piccoli pazienti umanitari, provenienti dall’estero con gravi patologie o ferite di guerra che nel proprio Paese non avrebbero possibilità di cura. Nel 2022 sono stati ospitati in totale 320 bambini, 123 dei quali sprovvisti di qualunque copertura economica e quindi assistiti e curati interamente a carico dell’ospedale grazie al sostegno della Fondazione Bambino Gesù Onlus.

Ascolta l'intervista a Tiziano Onesti (presidente Bambino Gesù)

Presidente, da dove nasce la vocazione internazionale alla cura dei più piccoli dell’Ospedale Bambino Gesù, che si esprime attraverso le sue missioni?

Il Bambino Gesù ha sempre avuto una vocazione internazionale, è un Ospedale presente nel mondo. Portiamo avanti quella che è la missione apostolica del Papa, e di tutta la Chiesa cattolica nel mondo. Nell'udienza che abbiamo avuto il 16 marzo 2024 con Francesco, lui ci spronava proprio a mettere a disposizione i nostri alti livelli di ricerca, che è una ricerca traslazionale centrata sul paziente (cioè con applicazione pratica immediata, n.d.r.), ma soprattutto la formazione, ai Paesi che hanno più bisogno. Quindi ci ha ringraziato, con parole veramente vibranti e forti, per lo sforzo di trasferire il nostro elevato grado di conoscenza a tutti quelle zone disagiate attraverso la formazione dei medici in loco. E per questo che noi facciamo questa attività da moltissimi anni. Portiamo avanti quella che sentiamo essere il Dna dell'ospedale, non solo a Roma, ma se possibile dare queste conoscenze e queste competenze proprio nei Paesi in cui ce n'è veramente tanto bisogno: pensiamo ai Paesi africani, ai Paesi sudamericani, ai Paesi dell'Estremo Oriente.

Un gruppo di medici e infermieri del Bambino Gesù all'aeroporto di Amman per la missione in Giordania
Un gruppo di medici e infermieri del Bambino Gesù all'aeroporto di Amman per la missione in Giordania

Attualmente avete 18 progetti sanitari attivi nel mondo, in 4 continenti. Di cosa si occupano e quali esperienze particolari ci vuole segnalare?

L'oggetto è prima di tutto la formazione di medici che possano permettere l’assistenza in loco per i casi meno complessi. Altrimenti prendiamo i casi di alta complessità e li portiamo direttamente a Roma, dove tra la sede del Gianicolo, Palidoro e le altre sedi sono San Paolo e il Santa Marinella, riusciamo a curare questi bambini, a dare anche accoglienza a loro e alle famiglie. Ma lo scambio di formazione è fondamentale: perché alcuni medici vengono nelle nostre sedi romane per vedere come operiamo. Adesso manderemo medici in Kenya per formare operatori sanitari nella parte più povera della città di Nairobi, proprio sul fiume Nairobi dove sono stato per lavoro tantissimi anni fa e quindi rivedo un po’ quelle scene di grande miseria di queste popolazioni che vivono in condizioni precarie. Noi manderemo dei medici che vanno a formare altri medici e assistono anche i pazienti. In Giappone abbiamo uno scambio, grazie anche al nunzio, con l'ospedale di Kuruma, che è proprio sugli aspetti etici e bioetici, che noi affrontiamo quotidianamente qui all’ospedale a Roma, sempre rispettando le reciproche provenienze, le fedi di ciascuno.  Non è mai un impegno rivolto solo ai cattolici, ma a tutti.

 

Fondamentale è anche la formazione del personale sanitario locale. Come viene effettuata e quanti operatori riuscite a formare ogni anno?

E’ uno scambio continuo, ricordo ad esempio che in mensa ho incontrato dei medici addirittura dal Sud Africa e dai Paesi limitrofi che erano qui per stage formativi all'interno dell'ospedale. Molto spesso siamo noi che andiamo nelle varie realtà locali, ma altrettanto spesso sono loro che vengono qui, sia medici che infermieri. Molte attività si fanno anche in telemedicina, e questo ci permette di fare questo scambio di formazione continua a date prestabilite, organizzate dalla nostra direzione sanitaria insieme alle relazioni internazionali e alle attività umanitarie di accoglienza internazionali. Ricordo che, per il progetto avviato con il Perù, abbiamo in questi giorni qui a Roma tre operatori peruviani in oncoematologia che è purtroppo una malattia abbastanza diffusa tra i bambini.

Momento di formazione per i medici e infermieri dell'Ospedale italiano di Karak, in Giordania
Momento di formazione per i medici e infermieri dell'Ospedale italiano di Karak, in Giordania

Il Bambino Gesù accoglie ogni anno decide di piccoli pazienti umanitari dall’estero. Avete la possibilità di ampliare questa accoglienza o siete già al massimo possibile?

Beh, noi non abbiamo mai mandato via nessuno, e abbiamo un sistema di accoglienza veramente unico che non è fatto solo dell'assistenza sul letto vicino al bambino, ma anche dell'accoglienza delle famiglie. Ad esempio a Palidoro abbiamo una casa per le famiglie, gestita con le varie associazioni di volontari. Siamo riusciti a ad accogliere, per esempio, in vari momenti, 2500 bambini dall'Ucraina. E poi in questi ultimi mesi da Gaza, e per loro abbiamo attivato non solo un'assistenza psicologica ma anche un'assistenza sanitaria importante. Sono tutti i bambini di alta complessità, dieci, undici casi che sono stati trattati qui. Sembrano pochi, ma non è per nulla semplice spostare un bambino da un teatro di guerra: portarlo qui dopo averlo caricato su una nave e poi in aereo a Ciampino, infine qui in ambulanza insieme alla famiglia. Mi ha colpito vedere negli occhi di questi bambini l’esperienza della guerra. Per trovare le risorse finanziarie necessarie abbiamo sviluppato un'attività di fundraising, perché i costi dell'attività umanitaria sono sui milioni di euro. Poter garantire un’assistenza così continuativa a casi così complessi significa avere a disposizione risorse e noi lo facciamo grazie anche ai grandi donatori.

 

Ci parli infine della partecipazione dell’ospedale all’alleanza globale del Papa per la salute dei bambini. Come influirà sulla vostra azione internazionale?

Questa fondazione degli Stati Uniti si è prefissa, anche sotto l'egida del Papa, di trovare dei fondi per le esigenze di salute e di fabbisogni di sanitari nelle aree più disagiate. E noi sappiamo dare una risposta, perché siamo il primo hub, come ospedale del Santo Padre nel mondo. Abbiamo visto il Papa la settimana scorsa, insieme a una delegazione della Fondazione che raccoglie fondi per questo tipo di iniziativa. Noi ci occupiamo dei contenuti scientifici e di ricerca, e collaboreremo insieme ad altre entità importanti nel mondo come hub principale. Quindi cerchiamo proprio di fare incontrare il mondo che soffre per non farlo sentire solo. Ci vogliono risorse per questo, quindi ben vengano. Noi siamo sempre qui, per offrire la massima collaborazione.

Formazione degli operatori con i piccoli pazienti dell'Ospedale italiano di Karak, in Giordania
Formazione degli operatori con i piccoli pazienti dell'Ospedale italiano di Karak, in Giordania

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30 settembre 2024, 12:01