La Santa Sede all’Aiea: stop alle armi atomiche, sì al nucleare per il bene comune
Alessandro Di Bussolo - Città del Vaticano
La Santa Sede “riconosce il ruolo fondamentale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea) nella ricerca di un mondo libero da armi nucleari”, che “è possibile e necessario”, come sostiene Papa Francesco, e ribadisce il suo “fermo sostegno ai numerosi contributi dell'Aiea al regime di non proliferazione nucleare, così come all'uso sicuro, protetto e pacifico delle tecnologie nucleari. È essenziale che queste tecnologie siano sempre affrontate da una prospettiva che serva il bene comune dell'umanità e lo sviluppo integrale di ogni persona”. Così l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, nel suo intervento nella prima giornata della 68° Sessione della Conferenza Generale dell'AIEA, in corso dal 16 al 20 settembre a Vienna.
Non attaccare vicino alle centrali di Zaporizhzhya e Kursk
Tra i contributi dell’Agenzia all’avanzamento della sicurezza nucleare, la Santa Sede, sottolinea il presule, supporta in particolare gli sforzi “per garantire la sicurezza e la protezione presso la centrale nucleare di Zaporizhzhya” e per prevenire quello che il Papa ha descritto come un “disastro nucleare”. Le attività militari, legate alla guerra in Ucraina, “segnalate nei dintorni di Zaporizhzhya e presso le centrali nucleari di Kursk” per la Santa Sede “sono profondamente preoccupanti”. L’arcivescovo inglese elogia il direttore generale dell’Aiea Rafael Mariano Grossi e i suoi ispettori “per il loro coraggio e professionalità nel mantenere una presenza continua sul campo a Zaporizhzhya e fornire rapporti imparziali e obiettivi sulla situazione”. E la Santa Sede “esorta le parti in conflitto a astenersi dall'attaccare questi luoghi, le cui conseguenze potrebbero essere devastanti per tutta l'umanità”.
L’Aiea e il dialogo sul nucleare di Iran e Corea del Nord
La Santa Sede, inoltre, accoglie con favore i continui sforzi dell'Aiea nei rapporti con l'Iran sul suo programma nucleare, deplorando che Teheran “abbia smesso di attuare i suoi impegni nucleari sotto il Piano d'Azione Globale Congiunto (JCPOA) diversi anni fa. Nel suo discorso al Corpo diplomatico a gennaio di quest'anno, ricorda Gallagher, Francesco ha espresso speranza per la ripresa dei negoziati per ripristinare il JCPOA “per garantire un futuro più sicuro per tutti”. Negoziati che la Santa Sede auspica vengano rivitalizzati anche per il programma nucleare della Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC), “che, con la sua produzione continua di armi nucleari e i test missilistici, rappresenta una seria minaccia per l'integrità del regime di non proliferazione”. Anche per questo, sottolinea il segretario per i rapporti con gli Stati, le garanzie dell'Aiea rappresentano “un contributo essenziale per promuovere la pace e la sicurezza e aiutare a costruire un clima di fiducia piuttosto che di reciproci rinfacci”.
La tecnologia nucleare pacifica per i Paesi in via di sviluppo
Il rappresentante vaicano sottolinea il ruolo dell’Aiea per l'attuazione del Trattato di Non Proliferazione delle Armi Nucleari, firmato e ratificato dalla Santa Sede, “con l'obiettivo di prevenire la proliferazione delle armi nucleari e facilitare la diffusione dei vantaggi della scienza e della tecnologia nucleari pacifiche disponibili per i Paesi in via di sviluppo”. Con queste tecnologie, ricorda, si può “aumentare la produzione alimentare, generare più elettricità, gestire le risorse idriche, monitorare l'ambiente e controllare l'inquinamento, e prepararsi alle pandemie”. La Santa Sede riconosce inoltre gli sforzi dell'Aiea “per facilitare la fornitura di radioterapia e medicina nucleare disponibile per i pazienti affetti da cancro” negli stessi Paesi, che “stanno diventando sempre più cruciali” per la drammatica diffusione di questa malattia. L'iniziativa “Raggi di Speranza” rappresenta solo uno dei numerosi modi “attraverso i quali l'Agenzia contribuisce alla salute e al benessere delle popolazioni globali”.
Il Papa e l’obiettivo dell'eliminazione delle armi nucleari
Nel suo intervento, monsignor Gallagher fonda il sostegno della Santa Sede agli sforzi dell’Aiea sul magistero di Papa Francesco, per il quale, scrive nell’enciclica Fratelli tutti, “l’obiettivo finale della totale eliminazione delle armi nucleari diventa sia una sfida che un imperativo morale e umanitario”. In linea con l’appello della Santa Sede “a un impegno collettivo e congiunto per la promozione di una cultura della cura, che dia priorità alla dignità umana e al bene comune”. Il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali cita anche il messaggio del Papa al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, del giugno 2023, nel quale invita a dire un “no” deciso alla guerra, e affermare “che non si può giustificare la guerra, ma solo la pace è giusta: una pace stabile e duratura, costruita non su un precario equilibrio di deterrenza, ma sulla fraternità che ci unisce”. In un mondo nel quale “una corsa agli armamenti accelerata, alimentata da guerre in aumento, sta prendendo il sopravvento sugli sforzi di disarmo”, Francesco ha denunciato, nel discorso al Corpo Diplomatico del gennaio 2022, che “l'uso dell'energia atomica per scopi di guerra è immorale, così come è immorale il possesso di armi nucleari”.
La Messa domenicale a Vienna e la “cultura della cura”
Sulla possibilità di costruire un mondo migliore, fondato su una “cultura della cura” che superi e sostituisca “la logica della cultura dell’usa e getta”, come afferma spesso il Pontefice, monsignor Gallagher aveva centrato anche l’omelia della Messa presieduta domenica 15 settembre, alla vigilia della Conferenza generale dell’Aiea, nella chiesa di Maria am Gestade. Un mondo, ha detto, “in cui la logica del potere, del dominio e dello sfruttamento sia superata da un approccio veramente umano, radicato nel rispetto reciproco, nella solidarietà e nei valori universali, come la verità, il perdono, la compassione e la buona fede tra le nazioni”. Rivolto a tutti i membri della delegazione e a monsignor Ricard Gyhra, che inizia in questi giorni il suo nuovo ruolo di Rappresentante Permanente della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali a Vienna, l’arcivescovo inglese si è augurato che “come membri dell'unica famiglia umana, ci impegneremo instancabilmente per raggiungere questo nobile obiettivo, soprattutto quando inizieremo l'importante lavoro di questa 68.ma Conferenza generale”.
La diplomazia vaticana e l’obiettivo di un mondo migliore
Come cristiani, ha proseguito, fondiamo la nostra speranza per un mondo migliore in Gesù Cristo, che non è “un leader mondano trionfante”, ma “un servo sofferente”, come lo ritrae Isaia nella prima lettura della liturgia domenicale. Gesù, ha chiarito, “l'unico che ha vinto la morte e restituito la vita, porta la giustizia e la pace prendendo su di sé i peccati e le disfunzioni del mondo intero”. Legandosi all’attività diplomatica, Gallagher ha ricordato che “non siamo i salvatori del mondo. Tuttavia, siamo chiamati a sopportare la fatica di negoziati lunghi e spesso frustranti e a trovare compromessi per le impegnative questioni politiche e diplomatiche”. In un lavoro molto nascosto, con pochi frutti visibili, soprattutto in un'epoca in cui le armi e la potenza militare sono preferite alla diplomazia, è stato il suo invito, “dobbiamo impegnarci a usare gli strumenti del dialogo, della pazienza, della convinzione e della perseveranza per raggiungere l'obiettivo che tutti noi desideriamo: la coesistenza pacifica della famiglia umana e lo sviluppo integrale di ogni persona”. Cristo, Principe della pace, ha concluso l’arcivescovo, all’inizio della Conferenza dell’Aiea, “ci aiuti a lavorare insieme, oltre i nostri limiti naturali, per il bene reciproco e comune e per tutta l'umanità”.
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