America Latina e clima, il Papa: colpiti i più poveri, rafforzare le relazioni
Edoardo Giribaldi - Città del Vaticano
I segni del cambiamento climatico "non possono essere nascosti o dissimulati", così come "contenuti in poche parole", in quanto causa di "fenomeni estremi" che colpiscono maggiormente le "nazioni più povere". È l'allarme lanciato da Papa Francesco in un messaggio ai partecipanti al seminario "Affrontare i problemi della crisi ambientale alla luce della Laudato si' e della Laudate Deum, esperienze in America Latina", accompagnato dall'invito a "rafforzare le relazioni" tra popoli e "i legami con tutto ciò che è il Creato".
L'evento si è tenuto oggi, 28 novembre, a Palazzo San Calisto. È stato promosso dalle ambasciate dello Stato Plurinazionale della Bolivia, di Cuba e della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Santa Sede, e si è aperto con il saluto di Papa Francesco e il sostegno della Pontificia Commissione per l’America Latina. Numerosi i relatori che si sono succeduti sullo scranno dell'aula Pio XII. Tra di loro, il cardinale Robert Francis Prevost, presidente della già citata Pontificia Commissione; il cardinale Peter Appiah Turkson, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze; monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita; Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione.
La reciprocità tra uomo e natura
Il cardinale Prevost ha aperto l'incontro con un saluto in cui ha sottolineato l'urgenza di passare "dal discorso all'azione" di fronte all’aggravarsi della crisi ambientale. Una sfida, ha affermato, che richiede una risposta radicata nella Dottrina della Chiesa. Il "dominio sulla natura" delegato da Dio all'uomo non deve essere "dispotico", egli è "amministratore che deve rendere conto del suo lavoro" in un rapporto di "reciprocità" con l'ambiente. "Per questo, la nostra missione è quella di trattarlo come fa il suo Creatore", ha affermato Prevost, condannando "azioni tiranniche a beneficio di pochi". Pur riconoscendo gli "effetti importanti" dello sviluppo tecnologico, Prevost ha messo in guardia dalle sue conseguenze "nocive" e ha evidenziato l’impegno della Santa Sede per la sostenibilità. Tra i segnali concreti, ha citato l’installazione di pannelli solari e la transizione verso veicoli elettrici, definiti "gesti significativi" che dimostrano la volontà della Chiesa di fare la propria parte nella tutela dell’ambiente.
"Co-creatori" dei doni di Dio
Il cardinale Turkson ha preso la parola sottolineando l’insegnamento centrale dell’enciclica Laudato si': "La nostra natura è creata da Dio, e siamo circondati dai doni della Creazione". Il "fallimento" risiede nel "creare troppo" e nel non "condividere i doni". Urge, di conseguenza, un cambio di rotta "del senso del progresso umano, della gestione dell'economia e dei nostri stili di vita". "Il mondo non è un incidente", ha affermato il porporato, ma un "atto intenzionale di Dio", e la creazione non è solo un "passaggio dal nulla a molte cose", ma il "primo passo della vocazione umana". Ognuno è chiamato a essere "co-creatore", come esemplificato dalla metafora: "Dio crea l’albero, l’uomo crea il mobile".
Quella al cambiamento climatico è "una sfida" i cui effetti ricadono sulle persone più vulnerabili. Una questione che i vescovi riuniti nel Sinodo sull'Amazzonia avevano denunciato, spiegando che il modo in cui "si tratta la natura ha conseguenze sulle vite umane". Ciò rappresenta, secondo Turkson, "un esempio tragico e lampante di peccato strutturale". Il cardinale ha poi ammonito dai pericoli dei movimenti negazionisti, che denunciano gli "allarmismi", definendoli "falsi", portando la comunità globale "a fare niente". A rimanere immobili quando, in realtà, "c'è molto da fare". L'emergenza climatica, infatti, non appartiene ad "un futuro ipotetico", ma è qualcosa che già oggi "sperimentiamo con mano", con effetti "presenti e consequenziali".
In questo ambito la Pontificia Accademia delle Scienze inserisce il suo contributo, radunando esperti che si trovano concordi nell'affermare come "non possiamo più permetterci il lusso di affidarci alla mitigazione degli effetti". Per puntare alla sostenibilità, secondo l'Accademia è necessaria una "trasformazione sociale". Tra le soluzioni proposte, il legno emerge come risorsa chiave: "Una strategia forestale edile", ha spiegato, potrebbe contribuire significativamente a fermare il degrado degli ecosistemi naturali su scala globale.
Informare bene, per partecipare alla felicità del mondo
L'intervento di Ruffini si è concentrato invece sul rapporto tra informazione e crisi climatica. La valanga di notizie "non sempre vere, molto spesso false, e quasi sempre raccontate in modo confuso", ha portato l'umanità vicina "a un punto di non ritorno". Diventa necessario chiamare le cose con il loro nome, così come ha fatto Papa Francesco nei riguardi della crisi climatica, definendola "incontestabile". "Responsabilità" è la parola che chiama in causa gli addetti all'informazione, uno sforzo che promuova la "vera sapienza", frutto di dialogo e riflessioni, invece che della mera "accumulazione di dati" che spesso genera solo una nuvola di "inquinamento mentale".
"Sappiamo tutto, ma non sappiamo nulla" ha sintetizzato Ruffini, parafrasando Oscar Wilde. In questo contesto prolifera "la macchina dei negazionisti", che se non rifiuta, perlomeno "minimizza, con una spiegazione per ogni cosa". Da qui, la necessità di "una cura giornalistica pari a quella della scienza, per trovare storie potenti ed efficaci". A tal proposito, il capo Dicastero ha citato l'iniziativa "Laudato si' Media Project", realizzata dai media vaticani, che racconta storie tradotte in più di 30 lingue che trattano "il positivo già in atto". Il Dicastero, ha ricordato il prefetto, si è anche attivato attraverso un corso online per 80 aspiranti giornalisti, tra cui una giovane ragazza proveniente dall'Amazzonia. "La strada è lunga e difficile" ma, ha evidenziato, "non è mai tracciata del tutto. Sta a noi farlo". Se Camus diceva che "nominare male le cose è partecipare all'infelicità del mondo", raccontarle bene, ha concluso Ruffini, significa "compiere il miracolo della parola che, quando diventa relazione, avvia un cambiamento in ognuno di noi".
L'impegno del Papa per l'ambiente
L’ambasciatrice della Bolivia presso la Santa Sede, Teresa Susana Subieta Serrano, ha preso la parola nella sessione mattutina ringraziando Papa Francesco, il cui costante impegno per la casa comune ha reso "possibile" l’evento. Nel suo intervento, la diplomatica ha evidenziato il ruolo cruciale degli accordi multilaterali nel promuovere la sostenibilità ambientale. Ha inoltre illustrato le leggi in vigore in Bolivia, mirate alla "protezione e conservazione dell’ambiente", regolando le attività umane per garantire una migliore qualità della vita.
Il grido "senza allegria" dei popoli indigeni
A farle eco il vicepresidente boliviano, David Choquehuanca Céspedes. Il suo è stato un intervento accorato nei confronti del "capitalismo verde", causa di una crisi "trasversale" che tuttavia colpisce in modo particolare le popolazioni indigene. Il vicepresidente ha notato come già Paolo VI avesse definito la questione ambientale un problema derivante dall'"attività incontrollata dell'essere umano". Una visione condivisa dai "popoli originari", per i quali la "madre Terra" è "vittima di un sistema capitalista, senza cuore".
Riconoscendo la comune essenza umana di "spirito in materia", il vicepresidente ha denunciato le "élites dei Paesi che, applicando gli sviluppi dell'ingegneria, producono ciò che oggi vediamo: guerre, carestie". I governatori autoritari "creano problemi, li sommano e li utilizzano come strumento per aumentare le loro agende d'azione, a seconda delle loro convenienze". In questo quadro, l'umanità è "costernata" e costretta ad affrontare "problemi che non riesce a comprendere". Ad essa "è stato tolto tutto", ha affermato il diplomatico: "l'allegria di vivere e l'armonia dell'essere". Il vicepresidente ha invitato a superare i semplici applausi per l’impegno ambientale, auspicando invece un sostegno concreto e coraggioso per affrontare le sfide ambientali in modo decisivo.
Ugualmente professionali e qualificati
Dopo una breve pausa lavori, è intervenuta Emilce Cuda, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, che ha sottolineato la natura "socio-ambientale" della crisi climatica. Essa affonda le proprie radici in un modo di relazionarsi con la "produttività sociale", causando effetti devastanti anche sul mondo del lavoro. Tra questi, l’emigrazione forzata, che spesso priva le persone della loro occupazione e delle loro comunità. "I recenti episodi di Valencia sono noti a tutti perché avvenuti in Europa", ha osservato Cuda, mentre rimangono meno visibili tragedie come le alluvioni in Brasile, che hanno "spazzato via intere popolazioni".
Una richiesta di aiuto che il segretario allarga a tutto il continente latino-americano. In particolare a Paesi come Bolivia, Cuba e Venezuela che cercano di portare avanti agende "sovrapposte" a quelle di Papa Francesco. "Siamo un continente impoverito - ha notato Cuda - ma quando ci si siede allo stesso tavolo, tutti abbiamo diritto allo stesso spazio e alla stessa libertà". Essere "più poveri, non vuol dire che siamo meno professionali o meno qualificati".
Sostegno al Global South
Kaveh Zahedi, direttore dell'Ufficio del Cambiamento climatico, biodiversità e ambiente presso la Food and Agriculture Organization (FAO) ha concentrato invece il suo intervento sull'importanza del sistema agro-alimentare, da cui dipende gran parte della popolazione mondiale e il cui fulcro si trova nel Sud del mondo, compresa l'America Latina: le zone "più vulnerabili", a causa del cambiamento climatico. Il direttore ha sottolineato "l'enorme potenziale" derivato dalla mitigazione dei fenomeni che danneggiano gli ecosistemi. "Bisogna restaurare la gestione sostenibile dell'agricoltura e della pesca", ha sintetizzato Zahedi. Gli interventi della Fao in America Latina e nei Caraibi puntano alla protezione delle popolazioni indigene, sostenendole "attraverso sistemi agricoli di valore". Progetti che incarnano il principio della Laudato si', affrontando le sue preoccupazioni legate allo "sfruttamento delle risorse naturali". Il direttore dell'ufficio FAO ha citato la Cop29, appena conclusa a Baku, dove si è registrata "un'azione più forte davanti alla crisi climatica", pur sottolineando la necessità di aumentare le basse percentuali di fondi destinati ai sistemi agro-alimentari. "C'è molto da fare", ha ribadito Zahedi. Citando la Laudate Deum, "la soluzione più efficace non verrà solo dagli sforzi individuali ma anche dalle grandi decisioni politiche".
Il sogno di Dio
Il messaggio di monsignor Paglia si è concentrato sulla mancanza nell'umanità di una "visione globale". Paradossalmente, la "globalizzazione ha portato l'intera umanità a sguarnirsi. Siamo tutti interconnessi, ma ciascun popolo rischia di rinchiudersi nel proprio piccolo o grande cortile", ha affermato il vescovo, definendole visioni "sovraniste" o, più semplicemente, del "ciascuno per sé". "Per la prima volta nella storia, l'uomo ha l'opportunità di distruggere sé stesso e il Creato", ha ammonito monsignor Paglia, offrendo un antidoto a questi mali: le due encicliche del Papa Laudato si' e Fratelli tutti e l'esortazione apostolica Laudate Deum. Testi che raccontano "il sogno originario di Dio", ovvero "consegnare all'umanità la cura del Creato e il moltiplicarsi".
"Che fare quindi?", si è chiesto Paglia. "Individuare strade innovative e coraggiose, stabilendo i criteri di un nuovo rapporto con la natura, mettendo al centro lo sviluppo di tutti i popoli". Su quest'ultimo punto, tuttavia, manca una "convinzione generale". "Nessuno - ha notato il vescovo - pensa che quello che accade in Ucraina, o nelle 59 guerre aperte nel mondo interessi direttamente il mio Paese". Una "inconsapevolezza" che è sintomo di una nuova "religione", quella dell'"egolatria, il culto dell'io, sul cui altare si sacrificano anche gli affetti più cari". L'arcivescovo ha inoltre rilanciato l'appello a non sentirsi "padroni" della Terra: "Questo è anche il senso del Giubileo: ogni 25 anni si ricomincia tutti, dal punto di partenza". E così, anche nelle questioni ambientali.
Per illustrare il sogno di una "convivenza pacifica tra diversi", il presule ha condiviso un aneddoto personale: un dialogo con Papa Giovanni Paolo II riguardo il 1986, l’anno dedicato alla pace dalle Nazioni Unite. Il Pontefice polacco si domandava "cosa fare", e la risposta fu convocare i rappresentanti di tutte le religioni per "invocare da Dio quella pace che gli uomini non sanno darsi". Nacque così l'Incontro interreligioso di Assisi. Segno, più che mai attuale, di una "nuova responsabilità delle religioni" nella ricerca del bene comune.
La bellezza della Creazione
È stato poi un inno alla bellezza della Creazione l'intervento di María Paz Jurado, direttrice delle Partnerships e della cooperazione internazionale presso la Fondazione Scholas Occurrentes. Lo sguardo verso la natura può essere superficiale o troppo analitico, ma ve n'è un terzo, che contempla "la bellezza della rugiada, delle brezze, dei fiori", ha affermato. Le attività della Fondazione vanno in questa direzione, riprendendo una visione aderente a quella di San Francesco e a quella bellezza "che lo portò a cantare 'Laudato si'". Al centro di questa prospettiva sono i giovani che "stanno gridando e cercano di essere ascoltati". Le loro richieste vanno accolte con responsabilità, accompagnandoli "perché loro stessi possano generare quel cambiamento necessario per le loro stesse comunità".
In Venezuela giovani educano alla sostenibilità
Al ritorno dalla seconda pausa, Josué Alejandro Lorca Vega, ministro del Potere popolare per l'ecosocialismo del Venezuela ha illustrato il concetto per cui si batte, un "modello alternativo di azione che combina i principi della società con la coscienza ecologica". L'ecosocialismo aspira ad una società in cui l'umanità "e la sostenibilità ambientale vanno a braccetto". Esso si concretizza in politiche pubbliche, alla stregua della Laudato si', che stanno riscuotendo successo in Venezuela. "Ci stiamo avvicinando ai giovani con un programma di sensibilizzazione", ha spiegato il ministro. "Tutti i weekend, centinaia e centinaia di loro, dopo avere imparato i principi della sostenibilità ambientale, escono e bussano di casa in casa per parlare della crisi climatica ai cittadini". Un intervento che vuole insegnare alle nuove generazioni a "pulire la casa che noi stessi abbiamo sporcato", e che ha già generato interesse in diversi Paesi dell'Africa
La risposta ancora insufficiente della Cop29
La cooperazione internazionale nell'ambito dei cambiamenti climatici, è stata presa in esame da Pedro Luis Pedroso Cuesta, vicedirettore generale per gli Affari multilaterali e legge internazionale presso il Ministero degli Affari esteri di Cuba. L'urgenza di creare "strumenti giuridicamente vincolanti" per affrontare la crisi ambientale è sintomo delle preoccupazioni "dell'agenda multilaterale globale". Una risposta che resta "frammentata" ed insufficiente, come dimostrato dall'ultima Cop29, dove non è stato raggiunto un "traguardo finanziario" per sostenere i Paesi in via di sviluppo. Pedroso Cuesta ha denunciato l’"egoismo" di coloro che, pur responsabili della crisi, assumono impegni che poi non rispettano, continuando a privilegiare "reddito e individualismo". Ha concluso citando una frase dei rivoluzionari cubani: "Domani sarà già troppo tardi per affrontare quello che avremmo dovuto fare tanto tempo fa", applicandola all’urgenza di agire contro la crisi climatica.
Promuovere "l'ecologia integrale"
Alfredo Luciani, presidente dell'Associazione Internazionale Carità Politica, ha preso brevemente la parola, affermando come di fronte alla crisi ecologica e climatica, Papa Francesco abbia promosso un paradigma di ecologia "integrale". Essa vede il Creato non come una "macchina da sfruttare" e rappresenta l'essenza della Laudato si' e la "conversione ecologica" incoraggiata da Francesco.
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