La Cupola che tocca il cielo
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Imponente, armoniosa, iconica. In una parola: perfetta. Con i suoi circa 42 metri di diametro interno e le 14mila tonnellate di peso è una delle più grandi coperture in muratura mai costruite da mani d’uomo. Simbolo della Città Eterna non smette di suscitare fascino, stupore, lode e meraviglia in chi, turista o pellegrino, la contempla per la prima volta, o in chi quotidianamente abituato a vederla svettare nel cielo di Roma la saluta affettuosamente come “Cupolone”.
Da Bramante a Michelangelo
La Cupola di San Pietro deve le sue forme al genio di Michelangelo Buonarroti che, mutuando l’originario progetto lasciato incompiuto da Donato Bramante su ispirazione del Pantheon, vi lavorò fino alla morte, nel 1564, avendo come modello la doppia calotta progettata da Brunelleschi a Santa Maria del Fiore a Firenze.
Oltre 130 metri di altezza
Il completamento, entro il 1590 sotto Papa Sisto V, è opera di Giacomo della Porta e Domenico Fontana che in soli ventidue mesi riuscirono a portare a termine la volta grazie all’impiego di 800 operai. Tre anni più tardi sulla cuspide della lanterna, alta 18 metri, venne collocata la grande sfera in bronzo di 1862 kg di peso, a cui era possibile accedere fino a metà del secolo scorso percorrendo 537 gradini. Il globo, laminato in oro, è sormontato dalla croce di 3,33 metri, opera di Sebastiano Torrigiani che portò l’altezza esterna complessiva della Basilica a quota 133,30 metri.
I piloni delle Reliquie Maggiori
Collocata all'intersezione della navata principale con il transetto della Basilica Vaticana, sulla verticale del Baldacchino del Bernini e dell'accesso alla Tomba dell’Apostolo Pietro, la struttura è sorretta dai quattro pilastri colossali dedicati alle Reliquie dei santi Veronica, Elena, Longino e Andrea. A ricordo dell’opera compiuta dal predecessore, Papa Clemente VIII volle collocare sull’anello a chiusura della lanterna l’iscrizione S. PETRI GLORIAE SIXTVS PP. V. A. MDXC PONTIF. V («A gloria di san Pietro, papa Sisto V, nell'anno 1590, il quinto anno del suo pontificato»).
La scelta della decorazione musiva
Alla base della lanterna, ad oltre 100 metri di altezza, conducono 320 gradini ricavati nello spazio tra le due calotte. Sono stati percorsi nei secoli da sovrani, principi, personaggi politici. I loro nomi sono ricordati da una serie di lapidi collocate dietro al monumento della principessa polacca Maria Clementina Sobieski, lungo la scala che scende dalla navata meridionale e al cui termine sono visibili le iscrizioni commemorative dell’apertura della Porta Santa a partire dalla fine del XVI secolo. Proprio a quest’epoca è riconducibile la scelta di Papa Aldobrandini di rivestire internamente la struttura con mosaici. Una scelta innovativa rispetto al programma michelangiolesco che prevedeva una cupola senza decorazione, ovvero una struttura architettonica spoglia.
I cartoni del Cavalier d’Arpino
I primi mosaici, in ordine di esecuzione, furono quelli alla base della Cupola nei cui pennacchi vennero inseriti, i busti dei quattro evangelisti con i loro simboli: l’aquila, il toro, l’angelo, il leone. Al Cavalier d’Arpino sono da attribuirei i cartoni per la decorazione musiva del tamburo e della Cupola secondo un programma iconografico mirato a celebrare la gloria del Signore e dettato dal cardinale Cesare Baronio: sono dipinti a tempera su tela, a grandezza naturale, in gran parte conservati al Palazzo Chigi di Ariccia.
Il reticolato sui cartoni e la paga dei mosaicisti
“Su alcuni di questi cartoni – spiega Paolo Di Buono, direttore dello Studio del Mosaico Vaticano – sono presenti le tracce di un reticolato. È un dettaglio significativo da un punto di vista tecnico per capire come venivano realizzati i mosaici: i cartoni venivano reticolati e lo stesso reticolato veniva trasposto sul mastice adesivo e probabilmente si realizzava da questo cartone primario dipinto una sorta di copia di cartone secondario che veniva applicato poi sullo stucco. Con questo cartone secondario il disegno veniva impresso e i mosaicisti avevano la guida per realizzare il mosaico”.
C’è un altro aspetto interessante legato ai cartoni: “Il reticolato – prosegue Di Buono - era pensato su quadrati di 22 centimetri per lato che equivalgono al “piede”, l’unità di misura utilizzata anche come riferimento contabile, per cui i musaicisti venivano pagati a seconda dei piedi quadrati realizzati e della difficoltà del lavoro svolto”.
Tremila metri quadri di superficie musiva
La superficie interamente ricoperta da tessere di mosaico a fondo dorato copre circa tremila metri quadri ed è suddivisa da costoloni in sedici scomparti sui quali sono raffigurate varie figure: apostoli, patriarchi, vescovi, angeli, cherubini, serafini, l’Eterno Padre benedicente, la Vergine Maria, San Giovanni Battista, San Paolo e gli Apostoli. L’opera fu portata a compimento da una squadra di mosaicisti diretta da Marcello Provenzale.
Le iscrizioni giganti che celebrano Pietro
Sul fregio al di sopra dei pennacchi e degli arconi colpiscono l’occhio di ogni visitatore le iscrizioni a grandi lettere turchine su fondo d’oro, alte 1,41 metri, all’imposta della Cupola. Furono eseguite a mosaico tra il 1605 e il 1606 e proclamano Pietro, fondamento della Chiesa e depositario delle chiavi del Regno dei Cieli: TV ES PETRVS ET SVPER HANC PETRAM AEDIFICABO ECCLESIAM MEAM ET TIBI DABO CLAVES REGNI CAELORVM («Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e ti darò le chiavi del Regno dei Cieli»). Alla base dei pennacchi, sempre a mosaico, sono riprodotte le chiavi incrociate d’oro e d’argento insieme alla tiara, simboli del primato e del magistero dell’Apostolo, pescatore di Galilea.
Molto più recenti sono invece altre tre iscrizioni musive. Ideate tra il 1867 e il 1870 da Pio IX in occasione del Concilio Vaticano I, furono completate nel 1935 per commemorare l’Anno Santo della Redenzione. La prima corre lungo il fregio della tribuna dell’abside, sopra la Cattedra di Pietro e recita O PASTOR ECCLESIAE TV OMNES CHRISTI PASCIS AGNOS ET OVES (O Pastore della Chiesa, tu pasci tutti gli agnelli e le pecorelle del Cristo). Ad indicare l’unità della Chiesa essa è ripetuta anche in lingua greca. Il suo significato dottrinale è ripreso dalle iscrizioni alla base dei pennacchi della Cupola, sotto le immagini clipeate degli evangelisti: HINC VNA FIDES MUNDO REFVLGIT («Da qui una sola fede risplende nel mondo») e HINC SACERDOTII-VNITAS EXORITVR («Da qui rinasce l'unità del sacerdozio»).
Il restauro dei mosaici
In prossimità del Giubileo i mosaici alla base del tamburo della Cupola sono oggetto di un intervento di restauro e pulitura che, curato dallo Studio del Mosaico Vaticano, terminerà a fine dicembre. “Si tratta di un’area che nel corso degli anni ha subito maggiormente l'impatto della presenza umana, del passaggio dei visitatori”, precisa il direttore Paolo Di Buono. “Abbiamo trovato i mosaici in buone condizioni di adesione al supporto murario, furono realizzati con la tecnica del mosaico tagliato. Le tessere sono abbastanza piccole, misurano circa 1 centimetro e sono sia in marmo che in smalto”.
Le fasi dell’intervento
Nel cantiere di restauro incontriamo i tre mosaicisti dello Studio Vaticano che hanno eseguito l’intervento di pulitura. La prima fase dei lavori riguarda la mappatura finalizzata a mettere in sicurezza le tessere. “Questa operazione – spiega Désiré Derrico - ci permette di individuare le tessere mobili, i vecchi ritocchi pittorici, le cartelline oro mobili, le lamine esposte e le lacune”.
Successivamente si procede alla pulitura. “Lo scopo – aggiunge Gabriele Mattiacci - è rimuovere la sporcizia provocata da vari fattori come il fumo delle candele. Dopo aver applicato un velo di carta imbevuto di una sostanza che scioglie il grasso depositato sulle tessere si procede in due modi differenti a seconda se le tessere siano in oro o in smalto e marmo. Nel primo bisogna intervenire tamponando delicatamente tessera per tessera. Per quanto riguarda il marmo e gli smalti invece si ricorre alla pulizia dell’intera superficie tramite una spazzola, risciacquando per evitare che la sporcizia penetri nelle tessere.
L’ultimo step riguarda il risarcimento delle lacune. “Si tratta di un intervento assolutamente reversibile”, tiene a precisare Carla Pirolli: “l'integrazione viene effettuata applicando con una spatola una malta modellata che ha le stesse caratteristiche del sottofondo. Questa viene incisa a fresco seguendo l'andatura della tessitura circostante ed infine dipinta a tono ad acquerello”.
Un colore potente e brillante
“Ciò che ci ha colpito durante questo restauro – confida il direttore Paolo Di Buono - sono i colori estremamente brillanti e potenti che finora erano attutiti dallo strato di sporcizia accumulatosi nel tempo. Ci danno un’idea di quello che doveva essere l’aspetto originale di tutta la Cupola”. Interessanti anche alcuni accostamenti di colore, come il viola e l’oro, che rimandano all’arte bizantina.
I monogrammi
Inoltre durante i lavori tra le decorazioni delle tessere musive sono emersi due monogrammi: “Molto probabilmente sono riconducibili a due mosaicisti che sappiamo dai documenti aver lavorato alla realizzazione dei mosaici: Cesare Rossetti e Francesco Martinelli”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui