Parolin: in Ucraina pace giusta e duratura. Hamas e Israele trovino soluzioni senza armi
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Negoziati “senza precondizioni” per una pace giusta e duratura in Ucraina, un “senso di moderazione” da parte di Hamas e Israele e soluzioni “senza il ricorso alle armi” per Gaza. Poi, parole “disarmate”, che aiutino a dialogare, ad incontrarsi e non dividersi e, laddove non riescano in questo intento, “fare il più silenzio possibile”. Il cardinale Pietro Parolin guarda con apprensione alle guerre che dilaniano il mondo, quelle combattute in Europa e Medio Oriente, ma anche le guerre verbali che vanno ad aggravare un’epoca di tensioni. Il segretario di Stato vaticano interviene alla terza giornata della Cattedra dell’accoglienza, manifestazione – in corso fino al 28 marzo alla Fraterna Domus di Sacrofano, vicino Roma - ideata per promuovere la cultura della solidarietà e l’arte dell’incontro e del dialogo.
L'auspicio per la guarigione del Papa
Parolin è protagonista di un dibattito sull’attualità con Vincenzo Buonomo, delegato pontificio presso la Pontificia Università Urbaniana, ma prima si ferma con i giornalisti per rispondere ad alcune domande a margine dell’evento, a cominciare da quelle sulla salute del Papa, convalescente a Santa Marta. Il cardinale auspica che Francesco possa "riposare" e “riprendersi un po’ alla volta”; ricorda la Statio Orbis di cinque anni fa in una Piazza San Pietro isolata, nel pieno della pandemia di Covid, e sottolinea che – come allora – “il Papa è ben collegato con tutta la Chiesa e con tutti i fedeli”. “Lo hanno dimostrato tutte le manifestazioni di affetto e soprattutto di preghiera con cui è stato accompagnato durante i giorni della sua malattia e che continuano” ancora oggi.
Linguaggio da "disarmare"
Lo sguardo del cardinale si allarga poi al mondo e arriva fino agli Usa, da dove giungono le recenti dichiarazioni “forti” del presidente Donald Trump contro gli europei definiti “parassiti”. Parolin invita a “disarmare le parole”, riprendendo la bella espressione messa da Papa Francesco nero su bianco nella lettera al direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, del 18 marzo. “Disarmare le parole per evitare che poi diventino conflitti e diventi guerra guerreggiata”, afferma il Segretario di Stato. “Questo vale per tutti. E soprattutto oggi, quando c’è una situazione così tesa in tutti gli ambiti è bene usare poche parole, fare silenzio il più possibile e se si usano parole, parole sagge, parole che possano aiutare a dialogare, ad incontrarsi e non a dividersi”.
Negoziati in Ucraina e soluzioni per Gaza
Sull’Ucraina, mentre sono in corso i negoziati per una tregua, il porporato esprime la speranza che “davvero” si arrivi a “conclusioni positive”: “Credo che l'importante è che si negozi senza precondizioni – afferma - in modo tale che si trovi un punto di accordo e si possa arrivare alla fine a una tregua, prima e poi, a un negoziato vero e proprio per arrivare a quella pace giusta e duratura che tutti auspichiamo e che penso anche le parti stesse desiderano ottenere”.
Soluzioni il cardinale Parolin le invoca pure su Gaza, non nascondendo la delusione per il fatto che la tregua temporanea non sia diventata “una tregua permanente”, così da “avviare un discorso di pacificazione e di ricostruzione”. “Credo – rimarca - che dalle due parti bisogna avere un grande senso di moderazione, forse che non è stato esercitato sia da parte di Hamas, sia da parte degli israeliani. Cercare di trovare una via per risolvere il problema che c’è, senza bisogno di ricorrere alle armi”.
Immorale il possesso di armi nucleari
Di pace il porporato parla anche nel successivo dibattito con Buonomo, evidenziando che “tutti pensavano che questa pace sarebbe continuata e avevamo messo le premesse per farla continuare. È bastato poco per far sì che questa illusione svanisse”. Il problema, secondo Parolin, è la “visione sempre più individualista dell’uomo”, come pure la mancanza di fiducia reciproca. “Tutto questo si ripercuote a livello internazionale”, dice il cardinale. “Nessuno si fida più di nessuno. E questo deriva dal non saper coltivare le relazioni e porta al riarmo, ad attaccare prima di essere attaccati e si crea questa situazione di conflitto permanente”. Per il segretario di Stato “è immorale il possesso delle armi nucleari per le conseguenze che possono provocare”.
La volontà degli Stati di osservare le regole
E in riferimento al vertice della “coalizione dei volenterosi” a Parigi, ribadisce che “tutta la vita internazionale si gioca sulla volontà degli Stati di osservare le regole che si sono dati”. “Se non c’è questa volontà politica, non c’è possibilità di una vita internazionale pacifica e costruttiva”, chiosa Parolin, ricordando come gli organismi internazionali siano nati in un contesto di Guerra Fredda e dopo i grandi conflitti mondiali che hanno insanguinato l’Europa nel secolo scorso. “Oggi il mondo è profondamente cambiato, ci sono tanti centri di potere e forse non c’è stato a sufficienza un impegno da parte degli organismi internazionali di adattarsi a queste nuove realtà del mondo”. Forse, a detta del porporato, “si è perduta la speranza di cambiare questo sistema che è un sistema di blocco reciproco che non permette di affrontare i reali problemi della società”. Bisogna perciò “adeguare gli organismi internazionali alla realtà che si è prodotta negli ultimi decenni”. Il problema è se ci sia “interesse a riformarli affinché funzionino adeguatamente” o “si preferisce ispirarsi ad altri principi”.
Da qui, una riflessione anche sulla comunicazione e sulla funzione dei media come amplificatori dei temi di pace e dialogo. In particolare “come cristiani”, afferma Parolin, “abbiamo il dovere e l’impegno di tornare su questi argomenti che tendono a essere dimenticati per ragioni nazionali o perché i media non vi dedicano grande attenzione”.
Accoglienza verso i migranti
Nel botta e risposta spazio anche alla questione migratoria con Parolin che rileva un "atteggiamento negativo" sulla migrazione "pur riconoscendo che l’Europa ha un estremo bisogno dei migranti". "Il tentativo che si sta facendo è diminuire i flussi irregolari", afferma, e in riferimento ai sentimenti della gente "che poi i politici ascoltano", aggiunge: "C'è tanta paura diffusa nella nostra Europa di una invasione, bisognerebbe riuscire a smontare questa visione e avere un approccio più positivo verso questi nostri fratelli e sorelle che fuggono da situazioni di estrema miseria o conflitto. Offrire spazi di accoglienza ai migranti penso sia fondamentale". Quanto alla fuga dei cristiani dal Medio Oriente si assiste a un impoverimento, secondo il cardinale, ed "è una grande tragedia dal punto di vista religioso, perché questi sono i luoghi in cui è nato il cristianesimo", ma è una tragedia "anche per le comunità stesse" perché esse "sono una presenza di moderazione in tante situazioni e possono contribuire ad attenuare le tensioni". "Una società senza cristiani - chiosa il segretario di Stato - rischia di diventare radicalizzata, estremista".
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