Semeraro: Salvo D’Acquisto, esempio luminoso dell'amore per la famiglia
Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano
Le tre "giovinezze" di Salvo D’Acquisto sono state al centro della messa celebrata sabato 22 marzo a Napoli, dopo la promulgazione del decreto del Dicastero delle Cause dei santi che ha dichiarato venerabile il Servo di Dio. Nella basilica di Santa Chiara, dove l’eroico carabiniere è sepolto, ha presieduto il rito il cardinale prefetto Marcello Semeraro, concelebrante l’arcivescovo Santo Marcianò, ordinario militare per l’Italia. Presenti il sottosegretario alla Difesa, Isabella Rauti e il comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, generale di Corpo d'Armata, Salvatore Luogo, e il fratello di Salvo, Alessandro.
Nelle prime fasi della vita si sviluppa e si impara ad amare il "valore della famiglia". Ed è in questa prospettiva che la vicenda umana e cristiana del vicebrigadiere si propone come stimolo e incoraggiamento per una rinnovata riflessione sull’importanza dei legami familiari.
Onestà, amore e fiducia all'ombra della famiglia
Il cardinale ha introdotto la sua omelia nel solco del brano di Vangelo letto per l'occasione, quello del figliol prodigo, collegandolo con il tempo di Quaresima.
"È il tempo nel quale dobbiamo rendere felice il cuore del Padre, il cuore di Dio, tornando sempre a lui".
Il porporato ha anche invitato a pregare con le parole del concelebrante, monsignor Santo Marcianò, ordinario militare per l’Italia, "al fine di ottenere dal Signore la grazia del miracolo - il Papa chiama il miracolo 'il sigillo di Dio sui nostri desideri' - per il quale la Chiesa si sentirà autorizzata a procedere alla sua beatificazione". Semeraro ha poi ripercorso le tappe della vita del vicebrigadiere: la sua prima giovinezza, vissuta apprendendo "l’onestà e la dedizione al lavoro" dal padre, e "l’amore verso il prossimo" dalla madre, oltre a una profonda "fiducia nella Provvidenza". Il nucleo d’affetti di D’Acquisto si allargava anche alla nonna materna, con la quale prendeva parte alle celebrazioni liturgiche e alla recita quotidiana del Rosario.
Preghiere, ma anche opere di bene
“Non basta pregare, ma bisogna fare anche opere di bene”.
Così ammoniva il vicebrigadiere in famiglia. "Non era un bigotto, era un credente", ha precisato Semeraro. Un principio che mise in pratica sin dalla giovane età, come dimostra un episodio significativo: mosso a compassione da un ragazzino "scalzo e infreddolito" che chiedeva l’elemosina, si tolse le scarpe e gliele donò.
"In questi primi doni è maturato il suo dono più grande, il dono della propria vita".
Esempio per i commilitoni
La seconda giovinezza, la seconda famiglia, fu per il Servo di Dio quella dell’Arma dei Carabinieri. Un contesto in cui, come ricordato da Semeraro, D’Acquisto "maturò in serietà e dignità". I suoi compagni d’arma hanno testimoniato il suo impegno nel servizio.
"Dimostrava di avere più anni di quanti non ne avesse in realtà".
Un commilitone lo descrisse come un uomo che "più che con le parole, era per noi di esempio, anche con la sua vita di fede". Pur profondamente dedito al dovere, non mancava di godere dei momenti di svago, tra passeggiate al Vomero, gite a Bagnoli e visite culturali a Roma. Eppure, il suo tempo libero includeva anche opere di carità, come le domeniche trascorse negli ospedali napoletani per confortare i malati.
Le famiglie di D'Acquisto
“Ha amato la sua famiglia, la famiglia in cui è nato, ha amato la famiglia delle amicizie giovanili, ha amato la famiglia dell’Arma. Ha amato e servito la famiglia che gli era stata consegnata a Torrimpietra”.
Così ha detto Semeraro, citando gli Atti per il processo nella causa di beatificazione e canonizzazione di D’Acquisto. A Torrimpietra, aveva sede la stazione dei Carabinieri cui era stato comandato. L’amore paterno e materno si arricchisce del contributo di altre "agenzie educative", quali l’ambiente ecclesiastico, la scuola e lo sport. Così come la stessa Arma dei Carabinieri, già lodata da Giovanni Paolo II come "realtà educativa", citando proprio "l'eroico comportamento" di D'Acquisto". Tuttavia, secondo il porporato, la prima e più significativa scuola di vita resta la famiglia, ciascuna con la sua peculiare "fisionomia", come quella dei nuclei del Sud Italia.
La "primavera" della sua vita
La terza giovinezza vissuta da D’Acquisto è quella, solo apparentemente, più tragica: la sua morte. Il 23 settembre 1943, alla Torre di Palidoro, sul litorale a nord di Roma, un reparto nazista arrestò D'Acquisto a seguito di un sospetto attentato. Per rappresaglia, ventidue civili vennero catturati e costretti a scavare la propria fossa, in vista di un’esecuzione imminente. Per salvare gli ostaggi, D’Acquisto si autoaccusò come unico responsabile, offrendo la propria vita in cambio della loro. Fu fucilato all’istante. La sua morte, tuttavia, non rappresentò una fine, bensì una "primavera". E in proposito Semeraro ha concluso la sua omelia con un potente richiamo alle parole di Gesù sulla croce: "Oggi sarai con me nel paradiso".
Sono convinto che, nel cuore, questa parola di Gesù fu piu forte delle raffiche di vita che lo condannavano a morte. Queste parole, anche Salvo D’Acquisto, morendo, le senti nel cuore. Donò la vita ed è per questo che egli è in Paradiso.
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