Sud Sudan: l’opera dei missionari è un appello alla fratellanza
Sean Lovett e Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Promuovere iniziative pastorali e progetti nei campi dell’istruzione e della sanità per aiutare il popolo del Sud Sudan. È questo l’obiettivo di “Solidarity with South Sudan”, un progetto che nasce dalla collaborazione tra varie congregazioni religiose e la Chiesa sud sudanese. Durante l’assemblea generale, tenutasi ieri, si è ricordato che il lavoro dei religiosi è quello di accompagnare la gente del Sud Sudan in questi tempi segnati dal dramma della guerra e dalla piaga della miseria.
Sud Sudan nel cuore di Papa Francesco
Papa Francesco ha espresso più volte il desiderio di visitare il Sud Sudan. Lo scorso 10 novembre all’Angelus ha manifestato il desiderio di visitare, l’anno prossimo, questo Paese. Il Papa ha rinnovato, in particolare, “l’invito a tutti gli attori del processo politico nazionale a cercare ciò che unisce e a superare ciò che divide, in spirito di vera fratellanza”. “Il popolo sud-sudanese - aveva aggiunto Francesco - ha sofferto troppo negli ultimi anni e attende con grande speranza un futuro migliore, soprattutto la fine definitiva dei conflitti e una pace duratura”.
Il Papa e l'arcivescovo Welby insieme in Sud Sudan
Lo scorso 13 novembre si è poi tenuto in Vaticano l’incontro tra il Papa l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby. In quell’occasione il Pontefice e l’arcivescovo di Canterbury hanno espresso il desiderio di visitare insieme il Sud Sudan. Agli appelli per la riconciliazione nel Paese africano e all’annuncio di una prossima visita, si aggiunge anche uno storico gesto: l’11 aprile 2019, a Casa Santa Marta, Francesco bacia i piedi al presidente della Repubblica del Sud Sudan Salva Kiir Mayardit, e ai vice presidenti designati presenti, tra cui Riek Machar e Rebecca Nyandeng De Mabio per chiedere la pace nel Paese.
La testimonianza di una suora
Suor Maria Teresa Ronchi, religiosa comboniana, è stata per oltre tre anni in Sud Sudan, su richiesta della Chiesa locale, per formare infermieri ed ostetriche. Sean Lovett l’ha intervistata:
R. – Mi sono trovata a vivere in una comunità a livello inter-congregazionale: questo significa che i membri di questa comunità appartenevano a congregazioni religiose diverse, maschili e femminili, e anche di lingue diverse, di Paesi diversi. Non era uno stile di vita solo comboniano, ma un modo di prendere il meglio da tutte le Congregazioni e cercare di vivere in comunità mirando all’essenziale di questa vita religiosa e comunitaria. Lo trovo particolarmente importante perché in un Paese diviso, dove è ancora importante appartenere a un gruppo invece che a un altro, anche gli studenti lo notavano. Ed era un punto di forza anche nelle giornate di riflessione che si offrivano agli studenti per abituarli a una mentalità di tolleranza tra di loro. Sedevano in classe anche ragazzi e ragazze che appartenevano a gruppi etnici diversi. Eravamo tutti impegnati come insegnanti nella scuola, o nei corsi per ostetriche o nei corsi per infermiere. Vedere che i loro insegnanti, provenienti da vari Paesi, riuscivano a stare insieme, a capirsi e ad andare d’accordo insieme, per era un punto d’appoggio. Se lo fanno loro, perché non possiamo farlo noi? Questo era il concetto.
Il Santo Padre ha espresso più volte il desiderio di visitare il Sud Sudan: che effetto potrebbe avere?
R. – Sicuramente, il Papa è una persona carismatica. Penso che la sua bontà e la sua passione, il suo desiderio di vedere le persone in pace e in armonia, possa essere una forza positiva. La Chiesa ha bisogno di un richiamo in questo senso. E sicuramente anche per la popolazione, che è stremata ed è stufa di tutta questa situazione, credo che vederlo lì, sia un sostegno grande. E poi, si spera anche che possa magari aiutare a far riflettere chi ha l’autorità di cambiare le cose.
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