Etiopia: è emergenza umanitaria per gli scontri in Tigray
Michele Raviart - Città del Vaticano
“Vi invito a pregare per l’Etiopia, dove si sono intensificati gli scontri armati che stanno provocando una grave situazione umanitaria. Rivolgo un appello alle parti in conflitto perché cessino le violenze, sia salvaguardata la vita e le popolazioni possano ritrovare la pace”. Con questo tweet sull’account in lingua inglese @Pontifex, Papa Francesco ribadisce ancora una volta la sua preoccupazione espressa già venerdì in una dichiarazione della Sala Stampa della Santa Sede per il conflitto che da settimane sta interessando la regione settentrionale del Tigray.
In migliaia in fuga
Sono migliaia infatti i civili rimasti uccisi e decine di migliaia le persone costrette a fuggire a causa degli scontri tra l’esercito etiope e le forze del Fronte di liberazione popolare del Tigray. Come racconta don Dante Carraro, direttore di Medici con l’Africa Cuamm raggiunto da Luca Collodi all’ospedale di Wolisso, villaggio a 35 km da Addis Abeba, “la popolazione etiope non tigrina sta scappando dal Tigray perché ha paura. Quindici giorni fa vicino ad Adua sono state trucidate 600 persone non tigrine che erano lì e adesso stanno scappando verso la vicina regione di Amara”. “Sono quasi centomila persone”, spiega, che si aggiungono alle quarantamila che stanno andando verso il Sudan. “La situazione è drammatica perché hanno bisogno di cibo, di medicine e di coperte ed è per questo che siamo qui, anche per tentare di attivarci a soccorrere queste popolazioni”.
In marcia verso il Sudan
Il Comitato esecutivo della Conferenza delle Commissioni europee per la Giustizia e la Pace, in merito alla situazione dell’Etiopia unendo la sua voce a quella di Papa, riferisce anche di "persone che devono camminare per dieci giorni per raggiungere il Sudan, di madri che portano bambini piangenti per la fame e la sete, spaventate dall’ignoto, in stato di shock e traumatizzate dalla guerra". L’Unhcr, dal canto suo, denuncia la situazione dei rifugiati eritrei che vivono in quattro campi vicini agli scontri e che rischiano di finire le scorte alimentari se le parti in conflitto non consentiranno un accesso umanitario.
Gli effetti del Covid e la malnutrizione
“Il conflitto”, spiega ancora don Carraro “va a esasperare una situazione sanitaria drammatica già prima del Covid”. Pochissimo è infatti il personale sanitario locale, tanto che il Cuamm sta dando il suo contributo con la gestione di scuole di formazione. Basti pensare, ad esempio che c’è solamente un’ostetrica ogni 5-10 mila madri che partoriscono. “La malnutrizione sta salendo”, aggiunge “perché il Covid-10 ha determinato paura e il blocco dei trasporti e il prezzo delle derrate alimentari è cresciuto. Quindi la gente ha fame, i bambini malnutriti stanno aumentando e noi non riusciamo a monitorare la situazione perché non ci si può muovere. C’è il crollo delle vaccinazioni, mamme che sono costrette a partorire a casa e non all’ospedale, pazienti con la tubercolosi o l’Hiv che hanno bisogno di terapie quotidiane e li stiamo perdendo perché non vengono in ospedale”.
Continua l'offensiva nel Tigray
Intanto lo scontro tra il governo centrale di Addis Abeba e le forze del fronte di liberazione popolare del Tigray è arrivata a quella che il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha definito la “fase finale” delle operazioni, con l’esercito che ha annunciato di essere arrivato a 50 chilometri al capoluogo regionale Macallé. Lo stesso Ahmed ha escluso ancora una volta il dialogo con i leader del Tigray, dopo un incontro con tre inviati dell’Unione Africana, che ha ringraziato per la preoccupazione ma a cui ka ribadito il suo dovere di “mantenere l’ordine in Etiopia” e non alimentare una cultura dell’impunità. Intanto fonti diplomatiche riferiscono che un razzo partito dal Tigray ha colpito la parte meridionale della vicina capitale dell’Eritrea Asmara. Non si hanno notizie di danni o vittimi ma si teme l’escalation del conflitto,
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