Niger, Bazoum: il golpe può causare una destabilizzazione globale. Stop al coprifuoco
Giancarlo La Vella e Sofiya Ruda – Città del Vaticano
L’articolo, pubblicato ieri sera sul Washington Post, svela, secondo Mohamed Bazoum, i veri intenti del colpo di Stato del 24 luglio scorso. Il golpe, scrive, potrebbe avere conseguenze “devastanti” per il mondo intero e portare la regione del Sahel sotto “l’influenza” della Russia, attraverso i miliziani che fanno capo al gruppo Wagner. Di conseguenza, continua Bazoum sul Washington Post, “chiedo al governo americano e all'intera comunità internazionale di contribuire a ripristinare l’ordine costituzionale in Niger”. E quasi in controtendenza, rispetto a quanto dichiarato da Bazoum, la giunta militare che ha preso il potere ha annunciato la revoca del coprifuoco imposto al Paese due giorni dopo il rovesciamento del presidente Mohamed Bazum.
Golpe: Paesi pro e Paesi contro
Le parole di Bazoum, se confermate dai fatti, descriverebbero, dunque, come la situazione in Niger sia fortemente divisiva nella comunità internazionale, con i golpisti che hanno incassato il favore di Mali e Burkina Faso. Contraria invece gran parte dei Paesi africani, gli Stati Uniti, la Francia e altri Paesi occidentali. E proprio tra il nuovo Niger e la Francia sembrano esserci le difficoltà maggiori. I vertici della giunta militare hanno annunciato la cancellazione degli accordi di cooperazione militare con Parigi. Intanto, la Cina assume una posizione neutrale, esortando le parti in gioco in questo colpo di Stato a risolvere la situazione attraverso il negoziato e il dialogo.
La mediazione
E in veste di concreto mediatore si pone la Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale (Ecowas), giunta a Niamey ieri sera per trovare una via d'uscita alla crisi in Niger. Ma i rappresentanti dell’organismo sono ripartiti poche ore dopo senza aver incontrato il capo della giunta, Tchani, autoproclamatosi presidente dopo il colpo di mano militare. Infine, da segnalare le evacuazioni di cittadini stranieri dal Niger. Dopo americani, britannici e francesi, oggi la Spagna dovrebbe concludere il rimpatrio dei propri cittadini.
La destabilizzazione del Sahel
“Il presidente in carica del Niger ha ragione nel manifestare questo tipo di preoccupazioni e di mettere l’Europa e tutta la comunità internazionale di fronte agli impatti e ai possibili rischi di quello che sta avvenendo nel Paese”, sottolinea a Radio Vaticana – Vatican News Marco Di Liddo, analista di politica estera presso il Centro Studi Internazionali. “Naturalmente quando Bazoum afferma che la caduta del Niger porterebbe ad una destabilizzazione di tutta la regione compie un artificio retorico – spiega – perché invece è vero il contrario, cioè che il colpo di stato del Niger è soltanto l’ultima espressione di una crisi democratica legata a crisi umanitarie, economiche e di sicurezza che ha colpito il Sahel dal 2013”.
Il ruolo della Wagner
Secondo Bazoum, come già esposto, il Sahel rischia di cadere sotto l’influenza della Russia. “Il Wagner group, mutuando un paragone con il termine calcistico, è un una realtà brava ad agire in contropiede”, prosegue l’esperto. “Nel senso che riempie gli spazi lasciati vuoti da altri attori che hanno più capacità economica e diplomatica della Russia”. Le élite africane autocratiche si rivolgono alla Wagner perché “offre dei servizi senza applicare il principio di condizionalità, quindi l’interesse del Wagner group non è stabilizzare un Paese, ma stabilizzare un'élite di potere al comando. Lo scambio che c’è tra questi regnanti autocratici e la Wagner è l’accesso alle risorse nazionali in cambio di legittimazione politica”. In questo contesto di colpo di stato il problema principale dei golpisti, infatti, è quello di avere un dialogo con un Paese e la Russia, una grande potenza, “offre questo servizio di legittimazione incurante della natura politica e del comportamento verso la popolazione civile degli uomini in divisa”.
Il sentimento antioccidentale dei golpisti
Il presidente del Niger, come abbiamo evidenziato, ha esortato la comunità internazionale a fare tutto il possibile per ripristinare l’ordine nel Paese. “Per quanto riguarda la modalità di intervento, in questo momento i Paesi europei hanno le mani legate, perché uno dei cavalli di battaglia dei golpisti è questo sentimento antioccidentale”, continua Di Liddo. “Se la Francia o un Paese occidentale europeo decidesse di intervenire, si offrirebbe ai golpisti un’enorme sponda propagandistica. Allora la soluzione di compromesso è quella di chiedere agli stessi africani di intervenire, però qui parliamo di forze armate i cui standard sono assolutamente inferiori alla media europea”. Inoltre, il rischio maggiore, conclude l’analista, è quello di mandare dei contingenti che non hanno alcun rispetto per i diritti umani e che nella storia si sono sempre macchiati di abusi e di violazioni irripetibili.
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