Francesco: riscopriamo la sete di Dio e accorgiamoci della sete degli altri
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Nel “dammi da bere” di Gesù alla samaritana, c’è la sua sete “del nostro amore” ma anche il condividere la nostra sete, il prometterci “l’acqua viva” del Vangelo per arrivare alla vita eterna, ma anche per “farci diventare fonte di ristoro per gli altri”. Siamo però capaci di capire la loro sete? Io ho davvero “sete di Dio mi rendo conto che ho bisogno del suo amore come dell’acqua per vivere? E poi: mi preoccupo della sete degli altri?”. Lo chiede Papa Francesco prima della preghiera dell’Angelus di questa terza domenica di Quaresima, commentando l’incontro “bello e affascinante” di Gesù con una donna ad un pozzo in Samaria, descritto nel Vangelo di Giovanni. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Dio “ha la mia sete”, è “legato alla mia povertà”
In quel “dammi da bere” c’è Gesù “assetato e stanco” che “come un mendicante chiede ristoro”. È un’immagine, chiarisce il Papa, “dell’abbassamento di Dio: in Gesù, Dio si è fatto uno di noi; assetato come noi, soffre la nostra stessa arsura”. E cita don Primo Mazzolari: il Signore, il Maestro, “Ha quindi sete come me. Ha la mia sete. Mi sei vicino davvero, Signore! Sei legato alla mia povertà… mi hai preso dal basso, dal più basso di me stesso, ove nessuno mi raggiunge”. Perché tu “hai sete di me”.
La sete di Gesù, infatti, non è solo fisica, esprime le arsure più profonde della nostra vita: è soprattutto sete del nostro amore. E' più di un mendicante, è un assetato del nostro amore. Ed emergerà nel momento culminante della passione, sulla croce; lì, prima di morire, Gesù dirà: "Ho sete". Quella sete dell’amore che lo ha portato a scendere, ad abbassarsi, a quell’abbassamento ad essere uno di noi.
Gesù ci dà da bere “l’acqua viva dello Spirito Santo”
Ma il Signore, che chiede da bere, prosegue Francesco, “è Colui che dà da bere: incontrando la samaritana le parla dell’acqua viva dello Spirito Santo, e dalla croce effonde dal suo costato trafitto sangue e acqua”.
Dissetare una società indifferente dall’aridità e vuoto interiore
Ma in quel “dammi da bere”, sottolinea il Pontefice, c’è anche “un appello – a volte silenzioso – che ogni giorno si leva verso di noi e ci chiede di prenderci cura della sete altrui”. “Dammi da bere” ci dicono infatti “quanti – in famiglia, sul posto di lavoro, negli altri luoghi che frequentiamo – hanno sete di vicinanza, di attenzione, di ascolto; ce lo dice chi ha sete della Parola di Dio e ha bisogno di trovare nella Chiesa un’oasi dove abbeverarsi”.
Dammi da bere è l’appello della nostra società, dove la fretta, la corsa al consumo e soprattutto l’indifferenza generano aridità e vuoto interiore. E – non dimentichiamolo – dammi da bere è il grido di tanti fratelli e sorelle a cui manca l’acqua per vivere, mentre si continua a inquinare e deturpare la nostra casa comune; e anch’essa, sfinita e riarsa, “ha sete”.
Con la gioia dell’incontro con Dio, dissetare gli altri
Davanti a queste sfide, conclude Papa Francesco, “il Vangelo oggi offre ad ognuno di noi l’acqua viva che può farci diventare fonte di ristoro per gli altri”. E allora, come fece la samaritana, “che lasciò la sua anfora al pozzo e andò a chiamare la gente del villaggio”, anche noi non penseremo più solo a placare la nostra sete, anche intellettuale o culturale, “ma con la gioia di aver incontrato il Signore potremo dissetare altri”, dare senso alla vita altrui, "non come padroni, ma servitori della Parola di Dio", e capire “la loro sete e condividere l’amore che Lui ha donato a noi”.
Mi viene di fare questa domanda, a me e a voi: Siamo capaci di capire la sete degli altri? Oggi possiamo chiederci: io ho sete di Dio, e voglio rendermi conto che ho bisogno del suo amore come dell’acqua per vivere? E poi: mi preoccupo della sete degli altri, la sete spirituale e materiale?
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui