Il Papa: l’autorità è servizio umile, chi ne è investito dia speranza e aiuto agli altri
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
È “sacrificio di sé”, “servizio umile”, “tenerezza materna e paterna”, soprattutto verso i più bisognosi, l’autorità. Ce lo insegna, “con la sua parola e il suo esempio”, Gesù, che “invita chi ne è investito a guardare gli altri, dalla propria posizione di potere, non per umiliarli, ma per risollevarli”, offrendo “speranza e aiuto”. All’Angelus Francesco esorta a riflettere sul modo in cui si esercita una carica importante soffermandosi sulla pagina domenicale del Vangelo, in cui Gesù, “nel tempio di Gerusalemme, denuncia davanti al popolo l’atteggiamento ipocrita di alcuni scribi”. Nella comunità d’Israele, avendo il compito di leggere, trascrivere e interpretare le Scritture, “erano tenuti in grande considerazione e la gente prestava loro riverenza”, spiega il Papa, ma, al di là delle apparenze “spesso il loro comportamento non corrispondeva a ciò che insegnavano, non erano coerenti".
LEGGI QUI IL TESTO INTEGRALE DELL'ANGELUS
Gli scribi ipocriti
Alcuni di questi uomini dotti, “forti del prestigio e del potere di cui godevano, guardavano gli altri 'dall’alto in basso' - "è molto brutto questo guardare l’altra persona dall’alto in basso", dice il Pontefice, si davano delle arie e, nascondendosi dietro una facciata di finta rispettabilità e di legalismo, si arrogavano dei privilegi” e c’era persino chi commetteva furti “a danno dei più deboli”. In pratica, anziché “usare il ruolo di cui erano investiti per servire gli altri, ne facevano uno strumento di prepotenza, di manipolazione”, chiarisce il Papa, aggiungendo che “anche la preghiera, per loro, rischiava di non essere più il momento dell’incontro con il Signore”, bensì “un’occasione per ostentare perbenismo e finta pietà”, in modo tale da “attirare l’attenzione della gente e guadagnare consensi”.
Si comportavano da persone corrotte - non tutti -, alimentando un sistema sociale e religioso in cui era normale avvantaggiarsi alle spalle degli altri, specialmente dei più indifesi, commettendo ingiustizie e garantendosi l’impunità. Da queste, proprio, persone Gesù raccomanda di stare alla larga, di “guardarsi bene”, di non imitarle.
Fare il bene senza apparire
Francesco propone per questo ai fedeli di guardare la propria quotidianità, di esaminare i propri atteggiamenti e di valutarli alla luce degli insegnamenti di Cristo ponendosi degli interrogativi.
Io come mi comporto nei miei ambiti di responsabilità? Agisco con umiltà, oppure mi faccio vanto della posizione mia? Sono generoso e rispettoso con le persone, oppure le tratto in modo sgarbato e autoritario? E con la gente più fragile, sto loro vicino, so chinarmi per aiutarli a rialzarsi?
Per combattere in noi stessi la grande "tentazione dell’ipocrisia”, c’è da invocare Maria, conclude il Papa, perché con il suo aiuto si possa “fare il bene senza apparire e farlo con semplicità”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui