Ep. 3 – “Noi bramiamo il ritorno, pronto e rapido, dei prigionieri"
“Ad una sola meta sono tesi di giorno e di notte i nostri pensieri, come cioè ci sia possibile di ovviare a così acerba prova, soccorrendo tutti, senza distinzione di nazionalità e di stirpe. E come ci sia dato di cooperare affinché all'umanità tormentata dalla guerra possa essere alfine ridonata la pace”. Sono parole pronuciate da Pio XII il 2 giugno 1944: 48 ore dopo Roma sarà liberata dalle forze alleate. Solo quattro anni prima, a guerra appena scoppiata, la Santa Sede era coinvolta in una delicata trattativa con il Terzo Reich. Il 4 marzo del 1940 si svolgeva in Vaticano il drammatico colloquio tra il Papa e il ministro degli Esteri della Germania nazista, Joachim von Ribbentrop.
Matteo Luigi Napolitano, storico e docente all'università degli Studi del Molise, autore del volume “Il secolo di Pio XII. Momenti di storia diplomatica del Novecento” (Luni editrice), ricorda l’ascesa al potere di Hitler che cancella lo Stato federale e cerca di annullare i concordati con la Santa Sede, alcuni negoziati direttamente da Pacelli in veste di Nunzio. Nelle intenzioni del Führer "il Vaticano non deve più occuparsi del modo in cui il regime nazista tratta non solo i tedeschi ma anche i cattolici tedeschi". “Credo senza tema di smentita che Pacelli sia uno dei maggiori esperti mondiali di Germania in quel periodo e quindi - spiega Napolitano - la visita che Ribbentrop fa è una visita senza grandi risultati. È un fallimento totale dell'intento della Germania nazista di servirsi della Santa Sede per darsi un'immagine presentabile”.
Andrea Tornielli, direttore editoriale dei media vaticani, autore di diversi volumi dedicati a Pio XII, sottolinea la grande diffidenza del Vaticano nei confronti del ministro nazista Ribbentrop. “Dal punto di vista diplomatico viene ricevuto per un colloquio a tu per tu, da solo con il Papa, - Pacelli infatti parlava tedesco - ma siccome negli archivi della Sezione per i rapporti con gli Stati esiste un resoconto stenografico di pagine e pagine di questo colloquio, è chiaro che non dovevano essere soli. L'incontro era stato preparato in gran segreto, dietro le quinte, mettendo in piedi un trattamento speciale per essere certi fino all'ultimo di che cosa avesse detto lui e di che cosa avesse detto il Papa. Questo dice come Papa Pacelli e il Vaticano guardassero al ministro nazista e quanto Pio XII conoscesse e temesse Hitler”.
La guerra ha accumulato tutto un caos di rovine, rovine, materiali e rovine morali. Come mai il genere umano non ne ha conosciute nel corso di tutta la sua storia. Si tratta ora di riedificare il mondo. Come primo elemento di questa restaurazione, noi bramiamo di vedere, dopo una così lunga attesa, il ritorno pronto e rapido, per quanto le circostanze lo permettono, dei prigionieri, degli internati, combattenti e civili ai loro domestici focolari, verso le loro spose, verso i loro figli, verso i loro nobili lavori di pace. Così Pio XII nel suo Radiomessaggio per la fine della guerra in Europa. Era il 9 maggio 1945. Di lì a poco si aprirà il processo di Norimberga, che vedrà alla sbarra i nazisti coinvolti nella seconda guerra mondiale e nella Shoah. In quel contesto, si può dire che inizi l’apertura degli Archivi vaticani.
Matteo Luigi Napolitano spiega che durante Norimberga viene chiesto al Vaticano un dossier su ciò che la Chiesa cattolica ha subito in Germania ad opera del nazismo e nei paesi occupati dai nazisti; si chiede inoltre alla Segreteria di Stato la documentazione su cosa la Santa Sede avesse fatto e quali fossero state le difficoltà con il regime nazista. “In quelle circostanze, Alfred Seidl, un avvocato, un politico nazista, difensore di Hans Frank, governatore generale di Polonia e criminale nazista, chiede al tribunale di Norimberga se il Vaticano agisca in qualità di accusatore e sia un giudice aggiunto. Questo prova il peso della documentazione presentata dal Vaticano contro il Terzo Reich”.
Andrea Tornielli si sofferma sulla prima generazione di testimoni della Shoah che negli anni 50 avevano ringraziato Papa Pacelli per quanto fatto per gli ebrei. “Nell'ottobre 1958, quando Pio XII muore, il premier israeliano all’epoca, Golda Meir, conosciuta per la sua fermezza, fa una grande dichiarazione di ringraziamento nei confronti del Papa. Parole simili usa l'allora rabbino di Roma Elio Toaff. E ci sono dichiarazioni di rabbini a Londra, di tante autorità personalità del mondo ebraico, che non protestano, non accusano il Papa per ciò che non ha detto, ma sostanzialmente gli riconoscono ciò che ha fatto. E questo è un dato significativo”. Tornielli non nasconde le contrapposizioni nate in seguito e sottolinea come “sul piatto della bilancia ci sia sempre la necessità del dire la verità, ma anche l'attenzione che con le parole pronunciate - che devono essere sempre secondo verità - non si metta a rischio la sorte di chi è in quel momento nel mirino. Perché c'è una differenza nello stile papale prima della guerra e in tempo di guerra, quando c'è la necessità di mantenere canali diplomatici aperti”.
Sono citati in questo episodio:
Pio XII
Radiomessaggio di Pio XII “Ecco alfine terminata”. La fine della guerra in Europa, 9 maggio 1945
Con la collaborazione dell'Archivio Editoriale Multimediale - Radio Vaticana