Parolin e l’abbraccio a poveri e malati di Kinshasa: “Siete passati dalla morte alla vita”
Quando la mattina di un Sabato Santo di tanti anni fa, le suore lo hanno trovato fuori dalla porta della loro casa, Guy aveva il corpo coperto di mosche e di piaghe. Era stato lasciato per strada dai genitori che lo accusavano di stregoneria dopo la morte di suoi due fratelli nel giro di pochi giorni. Picchiato a sangue, gli era stata versata addosso dell’acqua calda; tramortito, la famiglia lo ha abbandonato su un marciapiede. Le suore del Sacro Cuore di Gesù lo hanno curato in un centro medico. Oggi Guy insegna il francese ai giovani e chiede di pregare per la conversione della sua famiglia.
Storie di rifiuto e di sofferenza
Ieri pomeriggio sorrideva sotto le carezze del cardinale Pietro Parolin che lo ha incontrato nella Nunziatura apostolica di Kinshasa, insieme ad una rappresentanza delle Congregazioni religiose locali e dei loro assistiti. Dopo la Messa mattutina, il segretario di Stato ha voluto dedicare il suo ultimo appuntamento del viaggio nella Repubblica Democratica del Congo all’umanità più ferita. Anziani, bambini, donne sole con i figli, coppie, adolescenti, tutti uniti dall’unico comune denominatore della sofferenza. Quella che ha la forma del rifiuto e dello stigma sociale, della malattia e della disabilità intellettiva, dell’abbandono anche da parte degli stessi familiari. Una sofferenza guarita a volte solo con l’amore e senza nemmeno cure mediche specifiche - mancando tra l’altro delle risorse economiche per sostenerle - da parte di Congregazioni religiose e realtà ecclesiali che sopperiscono a un grande vuoto istituzionale.
"Dalla tristezza alla gioia"
Esseri umani che, ha detto Parolin, “sono passati dalla morte alla vita, dall'umiliazione alla dignità, dalla tristezza alla gioia”. Lungo tutto l’appuntamento il cardinale ha distribuito carezze e benedizioni, ha salutato uomini e donne in sedia a rotelle, ha dato buffetti sulla guancia a ragazzi con lo sguardo perso nel vuoto. In cambio ha ricevuto canti, ringraziamenti e una collana di rose viola, tipico dono indiano messogli al collo dalle Missionarie della Carità. Loro e le altre religiose si sono alternate al microfono per raccontare la propria storia di servizio "sull’esempio di Cristo".
Le figlie di San Giuseppe di Genoni e i ragazzi di strada
Hanno cominciato le figlie di San Giuseppe di Genoni, congregazione ospedaliera fondata nel 1888 in Sardegna, attiva in quattro continenti. A loro nome ha parlato suor Marie Chimene che ha illustrato l’impegno per i bambini comunemente noti come “bambini di strada” che però preferiscono chiamare “figli di Dio”. Vanno a cercarli nelle vie polverose della capitale, raccogliendo pure ragazzi abbandonati che dormono sotto gli alberi. Giovani che “non hanno più una casa o una famiglia, perché sono stati cacciati o per altri motivi che non sempre conosciamo, visto che è grande la sofferenza che impedisce loro di parlare. Alcuni sono stati addirittura rapiti e poi abbandonati. Cerchiamo di offrire un pasto caldo regolare, una formazione in materia di igiene e di educazione civica e insegniamo loro a pregare”, ha spiegato suor Marie. E ha introdotto la storia di Mordecai, per strada a 11 anni, oggi 14 che sogna di diventare un pilota, oppure Marthe e Nathalie, due sorelle di sangue di cui la madre ha preferito sbarazzarsi, lasciandole sui marciapiedi.
L'assistenza ai "sorceleurs" delle Suore del Sacro Cuore di Gesù
Gli stessi sui cui vagabondano i “sorceleurs”, quelli che vengono accusati di essere stregoni, magari solo per il fatto di non riuscire a camminare correttamente, e per questo rifiutati dalle stesse famiglie. Li raccattano le Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù, che per questa gente ha fondato il Centro Telema per evitare che finiscano a mangiare dall’immondizia o essere esposti a violenze fisiche e abusi sessuali. Guy è uno degli ospiti; con lui anche Joséphine, finita dopo un esaurimento a vivere per strada, senza lavarsi per anni, indossando abiti strappati, nutrendosi dai bidoni. “Un giorno una delle nostre suore l’ha incontrata, l’ha portata nella nostra comunità chiamata Betania, si è presa cura di lei e poi l’ha portata a Telema. Un mese dopo, aveva di nuovo il suo sorriso, la sua dignità. Tre mesi dopo è stata reintegrata nella sua famiglia, ora ha una piccola impresa”.
I "nonni" delle Sorelle dei Poveri
Una storia di riscatto e di rinascita, come quelle riferite al cardinale da suor Claudia Nicoli, religiosa bergamasca delle Sorelle dei Poveri, presenti nella Repubblica Democratica del Congo dal 1952. Lei in Africa c’è dal 1996, quando erano da sostituire sei delle suore morte di Ebola a Kikwit per servire i malati. “Quando è iniziata l’epidemia, due di loro che si trovavano a Kinshasa e sono andate a Kikwit (a 500 km di distanza), ben sapendo che avrebbero potuto morire. Il personale ha detto loro: ‘Se ve ne andate, potreste morire’. Risposero: ‘Che cosa ha fatto il Signore per noi?’”. Le Poverelle hanno da 46 anni una casa di riposo che accoglie quelli che gli altri rifiutano, in particolare bimbi malnutriti, orfani, senzatetto, anziani. Quelli che suor Claudia chiama “i nostri nonni”. “La povertà disumanizza la società. Giovani, malati, anziani che non hanno nulla da offrire alle loro famiglie, vengono messi da parte e abbandonati. Nella nostra casa sono accolti come parenti”.
L'accoglienza delle Missionarie della Carità
A prendere la parola in Nunziatura c’erano pure le Missionarie della Carità. Nella Repubblica Democratica del Congo dal 1987, portate da Madre Teresa profondamente toccata dalla miseria materiale e morale incontrata nel Paese, hanno tre case accoglienza per chi soffre “ogni tipo di povertà”. A Parolin hanno presentato un giovane trovato quando aveva 18 anni e camminava nudo per le strade, con il corpo coperto di ferite. “Era violento, rompeva le panchine e spaventava tutti. Gradualmente si è calmato e ha iniziato a parlare”. Ora è “completamente cambiato”, vive a casa, suona alla Messa domenicale, lavora in un’agenzia immobiliare e presto si sposerà. Il cardinale lo ha accarezzato e benedetto. Lo ha fatto pure per Martine che le Missionarie hanno ritrovato dietro la porta in una scatola di cartone, e per Kizito, 14 anni, accolto a 9, ipercinetico: “Parlava ininterrottamente per ore ed era difficile da controllare. Ora è in grado di svolgere alcune attività domestiche”.
Il centro "Dream" di Sant'Egidio
Al segretario di Stato, infine, i rappresentanti della Comunità di Sant’Egidio hanno raccontato del progetto Dream per i malati di Hiv. Grazie a un centro di assistenza, istituito nel 2011, sono in cura gratuitamente oltre 1.700 persone affette da Aids, ma anche da malnutrizione, ipertensione, diabete, malaria, tubercolosi. Durante la pandemia di Covid, il Centro è rimasto aperto e il suo laboratorio utilizzato per diagnosticare il virus o raccogliere campioni. Attualmente i volontari sono impegnati con il personale sanitario in un’ampia campagna di sensibilizzazione e vaccinazione in mercati, porti, centri sanitari.
La commozione del Segretario di Stato
A tutte queste persone, Parolin, prendendo la parola con visibile emozione, ha assicurato: “Porterò certamente i vostri nomi e i vostri volti a Papa Francesco, chiedendogli di portarvi nelle sue preghiere, rendendo grazie a Dio per le meraviglie che ha fatto per voi”. “La Chiesa universale vi ringrazia e vi incoraggia a perseverare nelle vostre opere, anche a costo di difficoltà e apparenti fallimenti”, ha detto il cardinale. “Nella vostra vita quotidiana sperimentate come l’amore, quando viene distribuito, non si divide o si esaurisce, ma si moltiplica e cresce”.
“I vostri nomi suonano come tante belle note musicali nel canto di ringraziamento che dobbiamo presentare a Dio ogni giorno”, ha aggiunto ancora il porporato. “Proprio quando pensavate che tutto potesse essere perduto, la luce e la vita sono sorte nel vostro dolore e hanno trasformato tutto. Certo, non tutto è roseo e dovete ancora affrontare momenti difficili, forse molte ansie e paure del domani. Ma Dio ha aperto una nuova strada per ciascuno di voi, vi ha rimesso in piedi e vi invita a continuare a camminare con Lui. Vi ha teso la mano, non lasciatela andare”.
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